Sandra Ceciarini

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I Paesi Fragili ed il ruolo degli enti locali

Il dramma dell’ennesimo naufragio di un’imbarcazione nel Mediterraneo e la scomparsa, questa volta, di 700, forse 900 e più immigranti – uomini, donne, bambini – hanno ricordato all’Europa una realtà che spesso dimentichiamo e che, probabilmente, dimenticheremo ancora fra qualche giorno, mentre la realtà e le tragedie umane che essa racchiude non troveranno una soluzione in poco tempo.

Questi disperati, uomini e donne, che fuggono dalla guerra e da tutto cio’ che essa comporta, provengono da quelli che oggi vengono chiamati i «paesi fragili ».

 

Non parlero’ qui’ della sorte di questi disperati, anche se non si puo’ tacere la vergogna provocata dall’indifferenza dei paesi dell’Unione Europea e, allo stesso tempo credo si debba rendere omaggio (io che non sempre sono tenera con il mio paese !) alla solidarieta dimostrata dagli Italiani in queste circostanze, a Lampedusa, Catania, in Sicilia e altrove.

 

Parlero’ invece dei paesi di origine di questa gente, i cosidetti « paesi fragili ». E dell’importanza del decentramento e del ruolo che gli enti locali possono avere per rispondere al fabbisogno urgente di queste popolazioni.

 

E’ questo l’argomento del documento che ho presentato a Platforma il 10 aprile scorso a Bruxelles.

 

Che cosa è un paese fragile ?

 

Secondo gli specialisti in scienze politiche si chiamano « paesi fragili » i paesi che sono crollati o rischiano di crollare a causa di tre dimensioni di fragilità che li caratterizzano :

 

- Il fallimento dell’autorità – laddove lo Stato perde la sua autorità di protezione di fronte ai cittadini a causa di varie forme di violenza ;

 

- Il fallimento dei servizi – laddove lo Stato non è i grado di assicurare ai suoi cittadini l’accesso ai servizi di base come la salute, l’educazione, l’acqua, l’energia, ecc.

 

- Il fallimento della legittimità – laddove lo Stato ha perduto la sua propria legittimità per diverse ragioni (l’assenza di libere elezioni, l’acquisizione del potere con la forza, la soppressione delle opposizioni, ecc.)

 

Secondo un rapporto dell’OCSE del 2014, oggi più di 1,4 miliardi di persone vivono in quelli ce chiamiamo « paesi fragili ». Sempre secondo questo rapporto si traterebbe di 51 paesi. Otto paesi hanno integrato questa lista nel 2014 : l’Egitto, la Libia, la Siria, la Mauritania, il Mali, il Madagascar, il Burkina Faso e Tuvalu. A causa delle conseguenze delle rivoluzioni arabe (è ormai fuori luogo continuare a parlare di « primavera araba » !) il numero di paesi fragili è aumentato nei paesi arabi e nell’Africa del Sub-Sahara. I due terzi dei paesi fragili si trovano oggi in effetti nell’Africa sub-sahariana, in Medio Oriente e nel Maghreb.

 

Tema comune di questi paesi : la grande povertà. Povertà e fragilità non sono sinonimi, ma la povertà è sempre più concentrata in questi paesi. Sempre secondo l’OCSE, oggi il 37% della popolazione più povera del nostro pianeta vive nei paesi fragili. Nel 2018 corrisponderà probabilmente a più della metà e nel 2030 ai due terzi. In questi paesi la proporzione dei giovani rappresenta due volte il numero dei giovani degli altri paesi e la popolazione cresce ad una velocità doppia rispetto a questi ultimi.

 

Sono stati gli attentati dell’11 settembre nel 2001 a New York a portare l’attenzione del mondo su questa realtà. Il concetto di paesi fragili era apparso agli inizi degli anni ’90, al momento della caduta del regime di Siad Barre in Somalia, ma la comunità internazionale ha preso veramente coscienza delle dimensioni di questa realtà solo quando ha subito le conseguenze delle azioni di Al-Kaïda che ha proliferato in un paese annientato da decenni di guerra : l’Afghanistan.

 

Il lettore capirà che non mi lancero’ qui in un’analisi delle responsabilità dell’Occidente in questo contesto e delle posizioni da esso assunte come l’invasione dell’Iraq, le azioni in Libia..ecc.. !

 

Mi limitero’ ad una riflessione sulla realtà dei paesi fragili oggi !

 

I paesi fragili sono segnati dalla debolezza delle loro istituzioni, del governo e dalla loro instabilità politica. Hanno in comune gli stessi sintomi :

 

- La grande povertà

- il grand numero di profughi

- la forte dipendenza da risorse provenienti dall’estero

- il forte indebitamento

- il basso livello di sviluppo

- il forte livello di corruzione

- la mancanza di infrastrutture

 

E’ il primo Forum internazionale sur l’ « aid efficiency » che si è svolto a Parigi nel 2005 che ha riconosciuto questa realtà nella dichiarazione finale.

 

In seguito la comunità internazionale si è appropriata di questo impegno ed ha preso delle iniziative.

 

Ma sono i paesi fragili stessi che si sono riuniti e hanno deciso di agire insieme, in particolare in seguito al Forum di Accra (2008). Sette di questi paesi hanno creato il G7+ (1): l’Afghanistan, la Repubblica Centrafricana, la Costa d’Avorio, Haiti, la Sierra Leone, la Repubblica Democratica del Congo ed il Timor Est. Il loro obiettivo in seno al G7+ è di condividere le loro esperienze , la loro realtà e di agire insieme affinché la comunità internazionale riformi la sua maniera di fornire l’aiuto a questi paesi devastati dai conflitti. La lista dei paesi membri del G7+ è oggi più lunga.

 

Alla Conferenza di Busan, nel 2011, più di 40 paesi, compresi il G7+ e le organizzazioni internazionali - come l’Unione Europea, la Banca Mondiale, le Nazioni Unite, l’OCSE, l’Unione Africana, ecc. – hanno approvato il « New Deal « per agire in questi paesi con delle misure adatte alla loro realtà.

 

L’Unione Europea si è impegnata concretamente nella partecipazione al New Deal. Il Trattato di Lisbona ha in effetti rafforzato gli strumenti per la politica estera dell’Unione Europea. E’ stato creato il Servizio Europeo dell’Azione Esteriore (SEAE), oggi presieduto da Federica Mogherini. Sono state adottate varie posizioni politiche riguardanti i paesi fragili. La programmazione per il 2014-2020 prevede vari programmi che permettono all’Europa di agire in questi paesi. Una struttura organizzativa precisa ha il compito di occuparsi dell’azione dell’Europa verso di essi.

 

Che cosa possono fare gli enti locali nei paesi fragili ?

 

L’ex-Ministro delle Finanze del Timor Est, Emilia Pires, ha detto in uno dei suoi discorsi :

 

citation

« la questione dei paesi fragili è quella della sofferenza, della sofferenza umana ».

 

E’ chiaro che gli enti locali sono quelli più vicini alla gente e alla loro sofferenza. Sono gli enti locali che devono rispondere ai fabbisogni della popolazioni e cercare di aiutare questa gente che vive nella sofferenza. Ma spesso cio’ è impossibile : o perchè gli enti locali esistono in questi paesi sulla carta ma non hanno di fatto alcun potere, o perchè non hanno risorse umane e finanziarie o perchè non esistono proprio, visto che i governi non hanno messo in atto un vero e proprio processo di decentramento.

 

Eppure gli enti locali possono nei paesi fragili, distrutti dai conflitti,dalle catastrofi naturali (per esempio il terremoto ad Haiti) o dalle conseguenze della guerra, avere un ruolo fondamentale a due livelli : in un contesto di urgenza ed in un contesto di sviluppo.

 

Si tratta di due prospettive diverse che prevedono un ruolo e dei metodi di lavoro precisi.

 

Nelle situazioni di urgenza gli enti locali, che hanno una presenza istituzionale sul terreno, possono avere un ruolo determinante nel coordinamento dell’azione dei diversi attori presenti, come le ONG. Quest’ultime malgrado le loro competenze e la loro esperienza sono chiamate ad agire in circostanze eccezionali. Gli enti locali possono assumere una continuità ed assicurare la perennità dell’azione una volta l’urgenza terminata. A quel punto ci si renderà conto del ruolo fondamentale che essi hanno nello sviluppo del territorio sia per i servizi alla popolazione, sia nel campo dello sviluppo economico sia in quello della coesione sociale. Nelle situazioni di conflitto gli enti locali hanno anche un ruolo primordiale nella mediazione fra le parti e nel ritorno alla pace ; degli esempi concreti ci vengono dati dai paesi in guerra attualmente.

 

Platforma ha iniziato a riflettere a questa tematica nel 2011. Abbiamo organizzato, quando ero ancora Direttrice di Platforma, un seminario al Parlamento Europeo con la Commissione Europea. I partner di Platofrma che sono attivi nei contesti di fragilità avevano presentato le loro esperienze. Varie iniziative sono state portare avanti in seguito e non è certo il frutto del caso se la Comunicazione del 2013 riguardante il ruolo degli enti locali nello sviluppo ha dedicato un capitolo a questa questione.

 

Platforma ha creato un gruppo di lavoro ad hoc (2).

 

Sono stata mandatata da questo gruppo per proporre un documento di riflessione sul ruolo degli enti locali nei paesi fragili que ho avuto il piacere di presentare alla riunione svoltasi a Bruxelles il 10 aprile scorso.

 

Il lavoro da fare in questo settore è enorme. Gli enti locali possono avere un effetto di leva molto efficace nella risposta ai bisogni delle popolazioni nei paesi fragili. Ma poichè come abbiamo già detto essi non hanno molti mezzi per agire, per diverse ragioni, il cammino da percorrere è ancora lungo. Il posto che occupa la questione del decentramento oggi nell’agenda dei donatori internazionali e sopratutto dell’Unione Europea, offre agli enti locali una opportunità unica per far valere il loro ruolo.

 

E’ importante in questo contesto che tutti gli attori lavorino insieme e in una atmosfera di vera cooperazione per poter progredire in questo senso ed apportare cosi’ risposte concrete alle popolazioni dei paesi fragili. Senza di cio’ i mali dei paesi fragili continueranno a non essere curati alla radice ed il destino delle loro popolazioni sarà sempre lo stesso : partire, cercare di salire su una imbarcazione a qualsiasi prezzo, non per cercare un lavoro migliore ma giusto per fuggire dalle persecuzioni e dalla morte.

 

Nessuno puo' restare insensibile alla tragedia di questi esseri umani. Chiediamoci cosa sarebbe della nostra vita oggi se fossimo nati in Afganistan, in Iraq, in Libia, nel Mali, in Nigeria, in Siria

 

(1) Per maggiori informazioni vedi www.G7plus.org

 

(2) I membri di Platforma attivi in questo campo e che si ritrovano oggi nel gruppo di lavoro sui paesi fragili sono : Cités Unies France (CUF), l’Associazione Internazionale dei Sindaci Francofoni (AIMF), VNG International (Olanda), SKL International (Svezia).

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